Un evento da ricordare, all’Auditiorium Parco della Musica di Roma con la David Crosby Band il 13 settembre 2018.
Questo visto ed ascoltato stasera è un vero e proprio gruppo rock, affiatato, coeso, raffinato ma potente, cresciuto nel tempo sotto l’attenta e scrupolosa direzione del suo leader, il 77enne David Crosby.
Che ha impiegato 20 minuti per riportarci nella West Coast della fine degli anni ’60, appena è partita Guinnevere: da quel momento, davanti agli occhi mi sono passati velocissimi Woodstock 69, Monterey 67, l’impegno pacifista ed antinucleare, la guerra in Vietnam, San Francisco, l’Estate dell’Amore, Los Angeles e i suoi deserti. E la sua magnifica, ormai dispersa amicizia con Graham, Stephen e Neil.
Croz è in gran forma ed ha una voce cristallina, purissima, affatto toccata da una vita di eccessi, droghe, malanni (e trapianti). Scorrono, coperte da valanghe di applausi, le sue canzoni più note: Deja Vu, The Lee Shore, Wooden Ships, Long Time Gone, Homeward Through The Haze, Almost Cut My Hair, Ohio e una splendida rivisitazione di EIGHT MILES HIGH. I Byrds, Gene Clark, Roger McGuinn, Ravi Shankar, tutti qui, sul palco dell’ Auditorium.
Queste vecchie canzoni sono state risuonate con nuovi arrangiamenti ed eseguite alla perfezione dai suoi musicisti tra i quali spicca un chitarrista enorme, Jeff Pevar, il “figlio ritrovato” di Crosby, James Raymond alle tastiere, Mai Agan, estone, al basso, Steve Di Stanislao alla batteria, la canadese Michelle Willis al piano elettrico e voce (e che voce!), più Marcus Eaton, chitarrista aggiunto, ospite in un paio di brani.
Crosby parla molto tra una canzone e l’altra, assecondato da un pubblico numeroso ed entusiasta: si scusa per Trump definendolo ASSHOLE e scherzando ammicca: “Voi non è che state meglio”.
Racconta commosso dei suoi anni junkie, quasi a ringraziare Dio per averlo salvato e tenuto in vita, e Jackson Browne, suo vicino di casa all’epoca, per essergli stato vicino nei momenti drammatici del buio più totale.
Guarda avanti David, STRAIGHT AHEAD, ne sono la riprova i suoi ultimi dischi, peraltro bellissimi, Croz, Lighthouse e Sky Trails, dai quali estrae diverse canzoni. Chiude il sipario dopo due ore abbondanti di concerto invitando il pubblico a seguirlo nel coro finale, FOUR DEAD IN OHIO, un pezzo antimilitarista scritto nel 1970 dall’amico-nemico Neil Young. Spettacolare serata, da ricordare.
Gianpaolo Castaldo