Teho Teardo live @ Angelo Mai 24 gennaio 2019 il report

0
611

Tre violoncelli e una viola, Teardo all’elettronica e alla chitarra baritona, ci fanno entrare in un mondo che ha una forte valenza sociale e antropologica, ma appassionatamente portata come un racconto personale. Teardo, artista profondo e prolifico, ci dona risonanze e frutti di tutto il percorso che questa vicenda degli uomini selvaggi ha fatto, attraverso le sue strade esteriori ed interiori.

Pare che il libro fotografico di Charles Freger, scintilla ispiratrice di tutto questo, lo abbia colpito, e non in senso metaforico, cadendo da uno scaffale mentre girovagava per Berlino con Blixa Bargeld, ai tempi delle loro prime collaborazioni.

Ha fatto così irruzione nell’immaginario di Teardo il Wilder mann (l’uomo selvaggio), posto a presidiare i confini del gruppo sociale, della “civiltà”, assumendo un aspetto il più possibile terrificante per spaventare e allontanare ciò che può venire da fuori…ma in realtà, nella dialettica ordine/disordine allo stesso tempo assume alcuni caratteri del “mostruoso” temuto, diventando così forse, volente o nolente, anche un mediatore tra quello che c’è al di qua e al di la del confine.

Che cosa poi c’è da temere dall’esterno? La domanda risuona beffarda e quasi superflua questa sera, in questo luogo che è crocevia di culture e simbolo di apertura, resistente da anni nonostante momenti difficili grazie alla partecipazione di tutti i frequentatori.
Eppure risulta giusto farla, perchè si sa che fuori dalle nostre oasi di bellezza ed entusiasmi, le paure alzano muri, trincee ed armi.

Intanto la musica ariosa e grandiosa si inerpica a volte su percussione profonde, oppure avvolge morbida o vibra scintillante, malinconica, minacciosa ma anche tenera, come sono teneri questi uomini celebrati dalle note e dalle immagini, che pur incarnando un ruolo che doveva essere importante, sembrano così spiazzati e soli, con i loro costumi da creature inesistenti e paradossali, impietosamente ritratti in piena luce, senza neanche più le tenebre a giustificarli e in cui confondersi.

Se il “coro” iniziale di almeno dieci percussionisti (reclutati di volta in volta nel luogo dell’evento) sembra alludere alla collettività che “investe” i wilder mann del loro ruolo, per tutto il resto del tempo e del campo visivo domina solo la vastità della natura, lo sgomento della fragilità, forse gli dei che ridono dei nostri tentativi di governare gli imprevisti.

Tutta l’opera musicale è così, nell’interazione con le immagini, grandiosità e fragilità, sgomento e tenerezza, in fondo forse proprio in questo, soprattutto e specialmente, si realizza l’uomo, ed è quello a cui meglio servono le parole e le varie arti che ci sono proprie: celebrare tutto quello che suscita meraviglia.

In questo Teho Teardo, la viola di Ambra Chiara Michelangeli, i violoncelli di Laura Bisceglia, Giovanna Famulari ed Emilia Slugocka, l’Angelo Mai e il suo pubblico questa sera sembrano aver stretto una convinta alleanza.

Alessandra Dotto